La storia dell’acquedotto di Piacenza comincia verso la fine dell’800, quando l’acqua in città si prelevava dai pozzi e le massaie facevano la coda per attingerla davanti alle fontane manovrate con la pompa a mano. Ma l’acqua era gravemente inquinata da ammoniaca, per cui il Comune di Piacenza corse ai ripari e, nel 1893, concesse alla ditta Garrè l’autorizzazione a costruire un acquedotto della portata non inferiore a 50 litri al secondo da destinarsi agli usi domestici dei circa 35.000 abitanti della città. Gli ingegneri Garrè elaborarono il progetto: l’acqua potabile veniva captata dalla riva sinistra e dal subalveo del torrente Nure, in località San Rocco di Podenzano, attraverso gallerie filtranti in muratura. Le opere di captazione erano costituite da una galleria, lunga 480 metri con il fondo ad una profondità di 4 metri al di sotto del greto, alta circa un metro e 80 e larga 70 centimetri che attraversava il torrente dalla sponda del comune di San Giorgio a quella del comune di Podenzano. Una condotta in ghisa del diametro di 40 centimetri percorreva la strada di San Giorgio ed entrava in città da Barriera Roma e da lì raggiungeva Piazza Cavalli. La distribuzione avveniva attraverso una rete di condotte di diametro decrescente che si ramificavano dalla tubazione principale, e non erano tra di loro collegate. La ditta Garrè si era impegnata ad acquistare la casa che esisteva in località Fornace Vecchia ed alcuni appezzamenti, lateralmente alla presa dell’acquedotto per creare una zona boschiva di rispetto; un altro obbligo fu di impedire la coltivazione, la concimazione e l’irrigazione su tutti i terreni sovrastanti la presa dell’acquedotto. Furono messi a dimora olmi e querce, alberi padani, lasciando crescere anche altre essenze spontanee: nacque così il bosco di Fornace Vecchia. L’impianto di origine ebbe un lungo periodo di rodaggio prima di arrivarea garantire acqua di buona qualità. Il 23 luglio 1894 sul quotidiano Libertà era riportata la notizia dell’inaugurazione ” … dell’acqua della Nure condotta a Piacenza” quando lo zampillo liberato in Piazza Cavalli superò in altezza il Palazzo Gotico, non senza tuttavia polemiche sulla potabilità dell’acqua, che vennero definitivamente superate sul finire del secolo quando l’acquedotto di Piacenza acquistò la sua piena funzionalità e l’acqua cominciò ad essere erogata ai privati al prezzo di 28 centesimi il metro cubo. La quantità di acqua erogata si dimostrò presto insufficiente nei periodi estivi, a causa delle secche del torrente Nure. Il problema venne ovviato, nei primi anni del ‘900, con la costruzione di un serbatoio di 3000 metri cubi, che per molti anni fu sufficiente a soddisfare il bisogno d’acqua della città. Fu negli anni ’30, quando le acque del Nure vennero derivate a monte delle gallerie filtranti a scopo irriguo, che si cercarono altre soluzioni per l’approvigionamento. Si procedette alla perforazione di diversi pozzi artesiani, tuttavia insufficienti al fabbisogno di acqua della città che aveva registrato un notevole aumento della popolazione dopo la prima guerra mondiale, inglobando i comuni di S.Antonio. S.Lazzaro e Mortizza, che ancora si approvigionavano con i vecchi pozzi e dove, specialmente nella zona di S.Antonio, si registravano frequenti episodi di febbre tifoide di origine idrica. Pertanto, nel 1925, si perforò un pozzo a Barriera Torino, che diede buoni risultati con una produzione di 60 litri al secondo di acqua chimicamente e batteriologicamente buona. Si procedette poi ad adeguare la rete di distribuzione dallo schema ramificato ad una struttura a maglia che permetteva, in caso di guasto, di limitare i disagi facendo transitare l’acqua lungo percorsi alternativi. Vennero collegate alla rete anche le abitazioni di diverse frazioni e, stante il continuo aumento della richiesta d’acqua, nel 1936 la Garrè fu impegnata nell’apertura di un nuovo pozzo nella zona delle sorgenti del Nure della portata di 15 litri al secondo. Per ovviare poi ai problemi derivanti dalla carica batterica delle acque del Nure, venne installato un impianto di clorazione. Inoltre, per evitare che l’acqua delle gallerie, intorbidita dalle piene del Nure, entrasse nelle gallerie, nel 1937 venne installato uno sbarramnento a cellula fotoelettrica innovativo per l’epoca, che deviava automaticamente le acque torbide nel canale di scolo. Nel 1942 venne perforato il “pozzo numero 2” di Via XXIV Maggio della portata di 60 litri al secondo: una condotta in ghisa del diametro di 30 c convogliava l’acqua a Barriera Genova. Un altro pozzo venne attivato a Molino Bissolo. Nel dopoguerra, onde ovviare ai problemidi inquinamento di alcuni pozzi, si perforò un pozzo a Barriera Farnesiana, che raggiunse la profondità di 160 metri ed assicurò alla città la portata di altri 150 litri al secondo. Nel 1955 il Comune passò in gestione alla ditta Garrè i pozzi di Mucinasso e di Montale, e la portata dell’acquedotto raggiungeva i 220 litri al secondo. Ciononostante, nel 1957, in occa-sione di una calura oppri-mente, i cittadini arrivarono a consu-mare una media di 400 litri al giorno pro capite (a Milano si arrivò a consumarne circa 900). L’esperienza di quei giorni servì a realizzare il progetto definitivo di potenziamento dei pozzi di Barriera Farnesiana. Tra il 1957 e il 1959 vennero inoltre perforati i pozzi di Borghetto, Roncaglia e Gerbido. Il nuovo impianto di Barriera Farnesiana venne ultimato ed inaugurato nel 1960: l’acquedotto poteva in quel momento erogare fino a 500 litri al giorno per abitante. Nel 1964, dopo 70 anni dall’inizio della convenzione con la ditta Garrè, il Consiglio Comunale di Piacenza decise di municipalizzare l’acquedotto: le cose andarono tuttavia per le lunghe, in quanto non vi era accordo tra le parti sull’entità del riscatto. Tuttavia il Comune, a partire dal 1966, iniziava a realizzare e gestire direttamente gli acquedotti a ser-vizio delle zone di espansione della città. Nel 1974 la situazione si sbloccò e nel 1975 quando l’Azienda Servizi Municipalizzati ASM subentrò alla ditta Garrè. Oggi Iren raccoglie questa importante eredità del passato per trasferirla alle generazioni future. Investimenti, innovazione, sviluppo. Segno della vicinanza di Iren al territorio, a Piacenza ed alla sua gente. (adattamento dal volume “Cent’anni d’acqua” – ASM Piacenza 1999)